Quando all'Università mi sono interrogata su quale potesse essere l'indirizzo più adatto alle mie corde, avevo molti dubbi. Da ragazzina ero affascinata da Freud e in generale dall'approccio psicodinamico, ma non mi convinceva fino in fondo, sentendolo a volte poco aderente alla realtà vissuta. L'approccio sistemico-relazionale era molto interessante, ma presentava per quanto ne potessi comprendere all'epoca, dei limiti nel setting. Il cognitivismo puro considerava i pensieri al centro sia dei disagi, che delle guarigioni, se ben indirizzati. Ma le emozioni e le prime relazioni significative non erano contemplate. Personalmente avevo sperimentato che capire tutto non basta a farti stare meglio.
L'indirizzo Cognitivo-Costruttivista si fonda su un'elaborazione in chiave costruttivista della teoria dell'attaccamento di John Bowlby. In parole semplici, cerca di comprendere in che modo ci siamo costruiti, in base alle esperienze che abbiamo vissuto, la realtà in cui sentiamo di vivere. Questo dando risalto alle primissime relazioni significative della nostra vita. Non esiste quindi una realtà oggettiva delle cose, ma sarà il proprio vissuto a determinare le emozioni e i pensieri che abitano le nostre vite.
Per risultare efficace ai fini del miglioramento, l'acquisizione di nuove conoscenze su di sé non può essere solo razionale, ma deve essere sentita e rivissuta emotivamente.
Si possono capire razionalmente molte cose su di sè, senza che questo comporti cambiamenti interni significativi.
Un conto, ad esempio, è capire che molti dei propri problemi attuali derivano da determinate interazioni avute con i genitori durante l'infanzia, un altro è riuscire a riattivare e rivivere durante l'intervento psicologico quelle sensazioni che pur avendo caratterizzato gran parte di quel periodo di vita, sono state inibite e mascherate e mai elaborate (abbandono, ostilità, paura etc.).
È prevalentemente attraverso questo percorso che la modalità di rappresentarsi quelle esperienze, una volta ricostruite a livello di coscienza, può andare incontro ad una modifica dei significati personali. Per facilitare il paziente nel passaggio dal capire al sentire possono essere utilizzate tecniche specifiche di lavoro sulle emozioni ed un uso differenziato del setting.
Questo orientamento mi ha convinto non tanto razionalmente, quanto perché l'ho sentito davvero congruo con quanto avevo vissuto e sperimentato nella mia vita.